L'anniversario: Sicignano-Lagonegro: trent'anni di chiacchiere e delusioni (1987-2017)



“Amo la periferia più della città. Amo tutte le cose che stanno ai margini”. Quanto avrebbe amato, Carlo Cassola, la ferrovia Sicignano – Lagonegro. Lo scrittore, che più volte nella sua produzione letteraria ha inserito storie di treni, macchinisti e pendolari, fino a scrivere un libro interamente dedicato alle strade ferrate, ha sempre dichiarato il suo fascino per le zone di provincia – in cui ambientare l’immaginario dei suoi romanzi.
E il Vallo di Diano, senza ferrovia, non può che essere considerato come un qualcosa rimasto ai margini della civiltà e del progresso. Trent’anni di binari arrugginiti, quando quel 1 aprile 1987 l’ultimo treno percorse la linea valdianese per poi essere sottratto, brutalmente, ai cittadini. Oggi più che mai il treno è l’unico mezzo di trasporto che può consentire uno sviluppo vero e sistematico per il territorio, a livello turistico, economico e commerciale. Concetti che il Comitato per la Sicignano – Lagonegro, fondato nel lontano 2012, ha ribadito e ripete quotidianamente anche a costo di apparire monotono. La cosa più grave, che si inscrive in un quadro sociologico quanto meno preoccupante, è la rassegnazione che potrebbe prendere piede dopo trenta lunghi anni senza la ferrovia: intere generazioni sono vissute nel segno di “quel treno chiamato desiderio”, non hanno mai visto una stazione funzionante e associano l’idea di uno scalo ferroviario a quelli degradati e cadenti come Sassano-Teggiano, Padula, Sala Consilina. Trent’anni di chiacchiere e delusioni, con studi di fattibilità fasulli, gonfiati ad hoc per rendere irrealizzabile l’opera di ripristino: come spiegare i miliardi buttati per svincoli autostradali inutili e il non investimento per un trasporto su ferro che solo altrove sembra aver ripreso vigore. Il disinteresse totale delle istituzioni, che con il loro silenzio rumoreggiano più di un mare burrascoso, è lo specchio di un’Italia e di un Vallo di Diano che stentano. Perchè non dare risposte alle istanze dei cittadini e pensare di disabituare alla cultura della ferrovia in modo tale da poter far accettare alla gente il proprio isolamento? Perchè a Caserta, Campania Nord, ogni giorno scendono centinaia di persone alla stazione e si recano a visitare la Reggia che è a pochi metri mentre a Padula ciò non è possibile nonostante la Certosa sia patrimonio UNESCO e degna di essere visitata. Chi pensa di poter risolvere con gli autobus sostitutivi, che pure occorrono – per carità – dimostra di avere una visione corta e poco lungimirante. Oggi più che mai il treno è necessario, è viva la voglia di rivederlo sferragliare, a 130 km/h, nel Vallo, con la colorata livrea di un Jazz o di uno Swing, treni a basso impatto ambientale, silenziosi e adatti alle pendenze della Sicignano – Lagonegro, in coincidenza con i TAV a Sicignano e Salerno . Persino quegli imprenditori che pensano di investire nella provincia a Sud di Salerno avrebbero una marcia in più sapendola più accessibile, non vincolata all’autostrada o alla Statale 19. Far uscire dall’isolamento un territorio di circa 100.000 abitanti significherebbe dare nuova linfa alle bellezze di un territorio che ha tanto da dire e non merita di essere marginalizzato. Il Comitato per la riattivazione della Ferrovia Sicignano – Lagonegro guarda con favore alle recenti riaperture di ferrovie come la Rocchetta S. Antonio – Lioni (per uso turistico), la Ceva-Ormea, oppure la Merano-Malles già da anni acquisita dalla provincia ed utilizzata a pieno regime sia per i turisti che per i pendolari. L’inversione di tendenza che la politica proprina in ogni tornata elettorale non si vede mai con i fatti concreti, e risulta francamente poco credibile ascoltare chi parla di “opera inutile” e “progetto troppo costoso” con un vitalizio da 15/20.000 euro al mese. Il Comitato, in questo triste anniversario, lancia un forte appello a tutti affinchè ognuno faccia la propria parte – con un post, un articolo, un commento, sfruttando un contatto – per dimostrare che il Vallo di Diano non è un territorio di Serie B e va amato per le sue potenzialità, non di certo per la sua marginalità. Trent’anni dopo l’ultimo treno il rumore del silenzio di chi poteva fare e non ha fatto è ben più forte del fischio di una locomotiva.