“Cum lenitate asperitas”. Le difficoltà vanno trattate con dolcezza. Ed è stato difficile, ma non impossibile lavorare trecentosessantacinque giorni. Questo il riassunto del primo anno di attività del Comitato per la riattivazione della Sicignano-Lagonegro ad un anno esatto dalla sua spontanea costituzione.
Tacciato di utopismo, populismo, idealismo e quant’altro, il direttivo ha continuato senza badare alle critiche distruttive raggiungendo come primo obiettivo quello di mantenere sempre aperto, caldo e attuale nelle stanze della politica il dibattito sulla tratta ferrata fantasma che dal 1987 non funziona più ed è autosostituita. In maniera caparbia, il Comitato si è dovuto destreggiare tra burocrazia, proclami e promesse elettorali dell’ultim’ora stando sempre attento a non farsi strumentalizzare e rivendicando numerose volte la non volontà di essere il cavallo di battaglia del politico di turno. Basta chiacchiere, eppure qualcuno continua a farne, non pago del fiato sprecato nei precedenti ventisei anni.
Alla fine, pur comprendendo gli scetticismi, il lavoro va avanti e si possono snocciolare i risultati con orgoglio, consapevoli di aver fatto qualcosa di utile e soprattutto di mai visto per la comunità: il progetto dei comodati per riqualificare tutte le stazioni del Vallo, la sensibilizzazione del territorio alla cultura ferroviaria, l’attività storico-sociale per il recupero della memoria ferroviaria, la salvaguardia del demanio ferroviario con la costituzione in giudizio - quale parte civile - in un processo penale, e soprattutto il coinvolgimento della politica nazionale in maniera diversa da quanto fatto nei precedenti venticinque anni.
Il Comitato, infatti, ha istituito dei paletti nei confronti della politica iniziando a pretendere ed esigere e ponendo come condizione primaria di ogni incontro l’assoluta riservatezza, proprio al fine di evitare strumentalizzazioni. Non sarà sfuggito a nessuno che – a parte eccezioni pubbliche – non sono mai stati resi noti gli interlocutori degli incontri istituzionali e gli stessi hanno mantenuto fede – sotto pressione del direttivo – alla riservatezza senza rivendicare. E’ venuto il momento, dopo troppi anni, di agire e non di parlare, poiché le chiacchiere stanno a zero e hanno stancato una popolazione disillusa e fisiologicamente scettica. Il Comitato sta cercando di ridare, tramite i fatti ed il lavoro, per quanto sia nelle sue possibilità, quella fiducia ai cittadini che anni di promesse e cattiva politica hanno cancellato e sbiadito.
Dopo un anno di lavoro la soddisfazione per quanto fatto non si può nascondere, anche se tutte le attività sono in un’unica direzione: quella della riattivazione. La contentezza per aver resuscitato il morto – con l’interesse di RFI che al contrario di quanto affermino i disinformati produrrà uno studio a costo zero – e la serietà che ha assunto la questione nonostante i soliti patetici teatrini di pochi disfattisti sono un buon punto di partenza, ma nei prossimi trecentosessantacinque è ovvio che l’obiettivo diventa più ambizioso. Le parole del dirigente Giuseppe Verga riepilogano le istanze arrivate dalla gente comune al Comitato: "Un anno in cui ho avuto modo di conoscere moltissime persone straordinarie del Vallo di Diano, tutte che vivono lo stato di totale abbandono della propria terra ma che si impegnano per riscattarla.
C'é bisogno di un rinascimento per il Vallo, un cambio radicale e una rivoluzione culturale delle menti, è arrivata l'ora di dire basta all'immobilismo amministrativo che persevera da anni epurando chi della politica ne ha fatto un mestiere senza riscontri per la comunità. Proprio il concetto di “comunità” non è chiaro a molti e dovrebbe essere la parola chiave per affrontare i problemi e per attrarre investimenti, primo fra tutti la ferrovia, oramai indispensabile per scongiurare un futuro di decrescita economica e demografica di un'area bistrattata negli anni soprattutto da quei palazzi napoletani troppo lontani. Immagino una Città Vallo in Basilicata con alla guida i giovani in fermento che hanno deciso di vivere nella propria terra nonostante tutto. Nella speranza che “dopo la nebbia esce sempre il sole” così come ricordato da uno dei nostri innumerevoli sostenitori".
Le proposte sono state lanciate, le basi gettate, adesso occorre portare a casa i risultati più pesanti dopo le prime vittorie “di Pirro” ed è ovvio che la vittoria più grande è quella di avere il treno. Non possiamo purtroppo esimerci, perché in un bilancio è necessario farlo, dal constatare ancora una volta la dispersività della politica, a cominciare dal livello locale. Se la questione per cui ci battiamo vede a parole tutti d’accordo, quando si comincia a presentare la prova dei fatti si perde sempre qualche pezzo per strada e qualcuno si tira indietro. Restiamo comunque vigili, critici, scettici, aperti alle critiche se costruttive e al confronto civile nella consapevolezza che seppur non avendo un potere alla pari dei palazzi che devono decidere l’apertura o meno della linea, siamo ormai una spina nel fianco spinta dalla coscienza civica dei semplici cittadini che non accettano più le prese in giro plateali – si veda il Tribunale di Sala Consilina – e adesso iniziano a pretendere, rivendicare, desiderare quello che è un loro diritto: un treno da Lagonegro a Salerno, capolinea dell'AV. Un diritto, quello alla mobilità, che lo Stato Italiano ha garantito, a spese nostre, anche ai cittadini di Bosnia e Kosovo, ripristinando linee ferroviarie, chiuse per la guerra, con l'opera dei militari del Genio Ferrovieri dell'Esercito Italiano.
Alla fine, pur comprendendo gli scetticismi, il lavoro va avanti e si possono snocciolare i risultati con orgoglio, consapevoli di aver fatto qualcosa di utile e soprattutto di mai visto per la comunità: il progetto dei comodati per riqualificare tutte le stazioni del Vallo, la sensibilizzazione del territorio alla cultura ferroviaria, l’attività storico-sociale per il recupero della memoria ferroviaria, la salvaguardia del demanio ferroviario con la costituzione in giudizio - quale parte civile - in un processo penale, e soprattutto il coinvolgimento della politica nazionale in maniera diversa da quanto fatto nei precedenti venticinque anni.
Il Comitato, infatti, ha istituito dei paletti nei confronti della politica iniziando a pretendere ed esigere e ponendo come condizione primaria di ogni incontro l’assoluta riservatezza, proprio al fine di evitare strumentalizzazioni. Non sarà sfuggito a nessuno che – a parte eccezioni pubbliche – non sono mai stati resi noti gli interlocutori degli incontri istituzionali e gli stessi hanno mantenuto fede – sotto pressione del direttivo – alla riservatezza senza rivendicare. E’ venuto il momento, dopo troppi anni, di agire e non di parlare, poiché le chiacchiere stanno a zero e hanno stancato una popolazione disillusa e fisiologicamente scettica. Il Comitato sta cercando di ridare, tramite i fatti ed il lavoro, per quanto sia nelle sue possibilità, quella fiducia ai cittadini che anni di promesse e cattiva politica hanno cancellato e sbiadito.
Dopo un anno di lavoro la soddisfazione per quanto fatto non si può nascondere, anche se tutte le attività sono in un’unica direzione: quella della riattivazione. La contentezza per aver resuscitato il morto – con l’interesse di RFI che al contrario di quanto affermino i disinformati produrrà uno studio a costo zero – e la serietà che ha assunto la questione nonostante i soliti patetici teatrini di pochi disfattisti sono un buon punto di partenza, ma nei prossimi trecentosessantacinque è ovvio che l’obiettivo diventa più ambizioso. Le parole del dirigente Giuseppe Verga riepilogano le istanze arrivate dalla gente comune al Comitato: "Un anno in cui ho avuto modo di conoscere moltissime persone straordinarie del Vallo di Diano, tutte che vivono lo stato di totale abbandono della propria terra ma che si impegnano per riscattarla.
Le proposte sono state lanciate, le basi gettate, adesso occorre portare a casa i risultati più pesanti dopo le prime vittorie “di Pirro” ed è ovvio che la vittoria più grande è quella di avere il treno. Non possiamo purtroppo esimerci, perché in un bilancio è necessario farlo, dal constatare ancora una volta la dispersività della politica, a cominciare dal livello locale. Se la questione per cui ci battiamo vede a parole tutti d’accordo, quando si comincia a presentare la prova dei fatti si perde sempre qualche pezzo per strada e qualcuno si tira indietro. Restiamo comunque vigili, critici, scettici, aperti alle critiche se costruttive e al confronto civile nella consapevolezza che seppur non avendo un potere alla pari dei palazzi che devono decidere l’apertura o meno della linea, siamo ormai una spina nel fianco spinta dalla coscienza civica dei semplici cittadini che non accettano più le prese in giro plateali – si veda il Tribunale di Sala Consilina – e adesso iniziano a pretendere, rivendicare, desiderare quello che è un loro diritto: un treno da Lagonegro a Salerno, capolinea dell'AV. Un diritto, quello alla mobilità, che lo Stato Italiano ha garantito, a spese nostre, anche ai cittadini di Bosnia e Kosovo, ripristinando linee ferroviarie, chiuse per la guerra, con l'opera dei militari del Genio Ferrovieri dell'Esercito Italiano.