"Il Fatto Quotidiano" sulla Sicignano-Lagonegro



Ecco un estratto dell'articolo di Antonello Caporale:
Lungo la tratta da Sicignano a Lagonegro s’incontrano aziende funzionanti e mega inganni di imprenditori “mariuoli” con i soldi pubblici. A Polla, 5mila anime in provincia di Salerno, in piazza i binari sono stati sepolti sotto al cemento per agevolare il passaggio degli autobus Lagonegro (Potenza) – Lasciato il binario morto alla vista della piana di Foggia, mi dirigo verso il mare. Adesso ho la Puglia alle spalle e Agropoli all’orizzonte, nel Cilento. Percorro la fondo Valle Sele: una strada dritta e nell’ultimo tratto deserta che sbuca sulla Salerno-Reggio Calabria, l’opera più illustrata d’Italia, capitale degli appalti, mangiatrice di commesse, teatro immobile di uno spreco immane di energie, di parole e di buone intenzioni. Inondata di milioni e di lavori, attende oramai sfinita dall’indigenza e dalla vecchiaia di esser degna del nome di autostrada. Se la strada subisce, all’altezza di Maratea, in Lucania, restringimenti e incolonnamenti, i binari cominciano a infettarsi di ruggine centoventi chilometri prima. L’alta velocità si ferma a Salerno. Da lì il treno prende il singhiozzo, si fa lento e infine – presa la via delle montagne – scompare. Un po’ come l’Italia. Roma è lontana e la locomotiva ha il passo ancora buono quando taglia la piana di Battipaglia e sfiora i templi di Paestum. La magia della Magna Grecia è insieme un monumento alla memoria, una sfida dell’arte all’uomo ed esposizione universale dei nostri difetti. Paestum è inglobata in assi stradali, case, villette, bancarelle. Non ha respiro, come se le mancasse una prospettiva di felicità. A pochi metri di distanza risiedono, costipate in campetti di fango, le bufale a cui dobbiamo la più buona mozzarella italiana. 

La prima interruzione di linea è all’altezza di Sicignano degli Alburni. Se vuoi andare a Potenza puoi (naturalmente senza badare all’orologio: il treno c’è ma è lento). Se scegli Reggio Calabria, il corridoio ferrato è ancora aperto verso il mare (naturalmente non c’è l’alta velocità, costerebbe troppo!) Se stai in mezzo, tra le vallate del salernitano, ti fermi e attendi il bus. Quando passa. L’Italia non ha una sua metà. Il barcone ti attende sempre ai lati. O ti ammassi sul Tirreno, oppure ti dirigi con un salto verso l’Adriatico. Tutte le città, i paesi, i villaggi interni sono scavalcati e annullati. Insignificanti. A Polla inizia il Vallo di Diano, terra fertile e piena di aziendine. In questo spicchio di Sud i soldi, a contare le concessionarie di auto di lusso, non mancano. La crisi si sente ma il benessere resiste. In questo crocevia di affari non poteva mancare la grande stazione di autolinee. Negli ultimi trent’anni si è rivelato un business eccellente, un centro lobbistico che ha piegato le resistenze degli amministratori locali, usurpando dalle Regioni il diritto imperituro alla concessione, spesso al contributo a fondo perduto, di sicuro all’assistenza eterna. I treni costano. E i bus? A Polla dà battaglia Rocco Panetta che, in un percorso didattico, fortifica la convinzione di come lo Stato abbia affidato ai privati i suoi affari. Il binario che scorreva fino a Lagonegro è stato tranciato in più parti. Era una linea dritta, una ferrovia secondaria che sviluppava un discreto flusso di viaggiatori lungo la direttrice nord-sud, da Lagonegro, in Lucania, verso Salerno. Linea chiusa per far posto ai bus. Nella piazza di Polla i binari sono stati asfaltati, si dice per permettere ai bisonti gommati una più agevole traiettoria nell’operazione di ingresso e uscita dal deposito. Il Comune ̶ quando ha potuto ̶ ha fatto costruire fin dentro la ferrovia in modo che l’idea di un treno di nuovo in funzione scomparisse per sempre da queste parti.

Clicca sulle immagini per ingrandire.